Laputa – Castello nel Cielo
Dal 1 febbraio Netflix ha cominciato a rilasciare nel suo catalogo i capolavori dello Studio Ghibli, la più importante scuola di animazione giapponese, capace di imporsi anche nel mondo occidentale e fare incetta di nomination e premi in tante sue produzioni. L’esponente più famoso e importante è sicuramente Hayao Myhazaki, vero e proprio maestro del genere. Di lui ho già avuto modo di apprezzare alcune sue opere, come “il mio amico Totoro”, “il castello errante di Howl”, “Porco Rosso”,(bellissimi), ma anche “Ponyo sulla scogliera” e “Kiki, consegne a domicilio”, magari più child oriented in senso stretto ma comunque molto carini. Questa volta è stato il turno di “Laputa, castello nel cielo”, il terzo lungometraggio di Myhazaki, e il primo dello Studio Ghibli. La storia racconta le avventure di Sheeta, una ragazzina inseguita dai militari e da una famiglia di pirati, entrambe le fazioni sono interessate ad una pietra magica che la bambina porta con sé. Sheeta viene aiutata dal suo nuovo amico Pazu, un piccolo minatore di un villaggio. Insieme riescono inizialmente a scappare e decidono di cercare la misteriosa Laputa, un isola castello che solca i cieli e di cui parla anche Gulliver nei racconti dei suoi viaggi. Durante lo svolgimento, si scopre che alla fine i pirati, sotto il comando della madre Dola, oltre a essere imbranati e coraggiosi, sono anche in fondo dei bonaccioni, tanto da aiutare i due ragazzini, mentre sono proprio i militari ad essere i più pericolosi. Questi Infatti si vogliono impossessare del castello volante per sfruttare le terribili armi di cui dispone e comandare il mondo. Arrivati finalmente sull’isola, altre pericolose avventure li aspetteranno. Dal punto di vista tecnico poco da dire, tecnici e comunque fruitori ben più esperti di me hanno già tessuto le giuste modo, a me resta da apprezzare lo stile di disegno così “confortevole” (il termine inglese sarebbe più adeguato) e nostalgico, praticamente lo stile classico anni 70/80 degli anime japo, che mi ha accompagnato nell’infanzia, e vero punto di forza di queste favole moderne, lontane dalla necessità di iperrealismo dei film di animazione di ora. Nella storia sono ovviamente presenti i capisaldi della narrazione di Myhazaki, l’amicizia, la purezza dei bambini, l’antimilitarismo, il rifiuto della violenza, l’ambientalismo (in tempi non sospetti, anticipa nettamente i temi attuali, e la poetica immagine finale ne è dimostrazione), il ruolo primario della parte femminile, la sua ossessione per il volo, inteso come atto di libertà…in Laputa però è ben più tratteggiato l’antagonista, marcatamente negativo, cosa che invece nelle altre opere erano ruoli più sfaccettati e sfumati. Forse l’unica pecca è che due ore di durata per un cartone animato di metà anni ’80 sono tante, ma non infastidisce più di tanto e non stanca. Assolutamente da vedere e da rivedere.
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