De Chirico e La Metafisica

Finalmente, in extremis, sono riuscito ad andare a questa mostra dedicata alla Metafisica e principalmente a De Chirico, ennesimo colpaccio del Palazzo Blu, che negli anni ha ospitato, tra gli altri, le tele di Magritte, Dalì, Escher e Picasso. Questa stagione invernale riguardava la metafisica di De Chirico, e nonostante mesi di zone rosse e arancioni ho strappato il biglietto per la visita.erano presenti quadri da varie parti di Italia ed Europa, per raccontare in immagini l’evoluzione della pittura dell’artista nato in Grecia e poi trasferitosi in Italia in giovane età, dove ha iniziato i suoi lavori, dagli autoritratti alla metafisica a influenze classiche e barocche.

“Dipingere è l’arte magica, è il fuoco acceso dagli ultimi raggi nei vetri dell’ostello ricco, come in quelli dell’umile stamberga di fronte al sole occiduo, è il segno lungo, il segno umido, il segno fluente e fermo, che l’onda morente stampa sulla rena calda, è il guizzo della lucertola immortale sul sasso arroventato dalla calura meridiana, è l’arcobaleno della conciliazione, nei pomeriggi tristi di maggio, dopo il temporale che s’allontana laggiù, facendo un cupo sfondo al chiaro dei mandorli in fiore, agli orti dai colori lavati, ai casolari dei villici, ridenti e tranquilli, è la nube livida cacciata dai soffi veementi d’Eolo furioso, è il disco nebuloso della luna fuggente dietro il funebre sipario squarciato d’un cielo sconvolto nella notte fonda, è il sangue del toro trafitto nell’arena, del guerriero caduto nel fragore della battaglia, dell’immacolata coscia d’Adone ferita dalla zanna ricurva del cinghiale ostinato, è la vela rigonfia di vento nei pelaghi lontani, è l’albero secolare abbronzatodell’autunno, è la valle silente screziata dalla dispensatrice di fiori, da Flora l’ineffabile, da Flora la rinata, è l’ambra e il miele, è la lacrima pietrificata d’un tronco, è la linfa del frutto benevolente, el’olio greve ed il polline impalpabile, è la pietra dura e la schiuma del maroso, è l’avorio lustro del pachiderma, è la pelle ocellata della belva, è la piuma tenera e tepida dell’augello, è l’alba sgargiante, è il tramonto doloroso, è il pomeriggio immobile, è l’ombra lunga, è la luce ferma, convalescenza del giorno stancato dal meriggio, è la notte pudica che naviga velata tra la nebbia ed i vapori salenti dalla terra, che naviga nell’aere bruno sopra le case addormentate, sopra i tetti lucenti al chiarore della luna, è lo squillo delle trombe di Marte sulle schiere riposanti, nell’ore antelucane, è il canto del pastore povero e felice, tra il gregge ed il cane fedele, la sera, vicino al bosco silente.””Dipingere” 1938

Foto della mostra

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