Incuriosito dal cast e con il desiderio di guardare un quasi horror, ho pescato questo film dalla lista di Netflix.Di horror ha poco, a parte una fase iniziale un po’ forte, per il resto sfiora il revenge movie, la critica sociale, il dramma romantico e la fantascienza distopica, senza approfondire nessuno di questi temi e con un risultato un po’ monco. Ma ci sono comunque degli aspetti di valore nel film.I Bad Batch sono gli “indesiderati”, persone cioè che per un motivo o un altro, per la fedina penale, per la propria estrazione sociale o quanto altro, vengono espulsi dagli Stati Uniti e esiliati nel deserto del Texas. Arlen (Suky Waterhouse) è una di questi bad batch, e viene aggredita e mutilata di una gamba e di un braccio da parte di una comunità cannibale, che risolve la fame appunto predando malcapitati. Riesce a fuggire e a rifugiarsi in un altra comunità, molto hipyy, Comfort, al cui capo c è un guru chiamato Il Sogno. La vita di Arlen si intreccia così con vari personaggi, tra cui MiamiMan (Jason Momoa), un eremita muto (Jim Carrey), un tossico rintronato (Giovanni Ribisi) e Il Sogno (Keanu Reeves).La pellicola è molto strana, mi resta anche ingiudicabile, nel senso che non entusiasma ma non è nemmeno così brutta da desiderare di stoppare la visione, anzi, resti incuriosito a vedere come si evolve la storia. E quindi dei meriti ci sono, ma non mi ha nemmeno convinto appieno. Dal mio modesto parere, però, la regia di Ana Lily Amirpour ha veramente una bella mano e potrebbe essere una figura interessante nel prossimo futuro, e mi incuriosisce guardare i suoi altri lavori. Per la cronaca, questo film ha vinto il premio speciale della giuria alla mostra del cinema di Venezia nel 2016.
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