Ellittica

Un tardo pomeriggio di fine agosto, uno dei tanti pomeriggi, come mille altri di ogni anno, in cui il sole è sempre abbastanza alto da scaldare troppo ed essere ancora troppo abbacinante per il mondo. Uno di quei momenti in questi giorni in cui senti che il tempo ti sta scappando dalle dita, quando cerchi di trattenerlo e allungarlo e farlo durare il più possibile ma invece ti scivola via tutto troppo presto e è niente che il sole sia già basso a segnare la fine di un altro giorno che non ti sei quasi accorto che era iniziato, uno di quei giorni che sapevi già che sarebbe finito così e ti eri ripromesso di svegliarti presto, prestissimo, per farlo durare di più e poter dire che finalmente è finito quando la luna da il cambio al sole e la notte arriva a portare fresco ma porta anche l’avvicinarsi di un altro giorno, un altro giorno in più ma anche un altro giorno in meno, in meno tra tutti questi e tutti quelli che restano, quelli che restano ora, quelli che restano a questo anno e anche a quelli che restano alla tua vita. Come dice quel film? Oggi è il primo giorno del resto della mia vita, e la sensazione è la stessa, ogni maledetta volta che agosto va agli sgoccioli e con lui tutto ciò che porta con sé, sole, acqua, sabbia e risate, parole e momenti, Rino Gaetano che canta di qualcuno che sorride e gli sorridono le viole e improvvisamente poi gli occhi sono pieni di sale e le nubi portano nuovi amori e poi arrivano le nuvole gonfie di pioggia e tutto quello che è invece è stato e risiamo al tempo di colori rossi e marroni e il tedio di una stagione lunga una vita che ogni volta dura un giorno in più sempre di più e il sole è sempre più lontano e con lui anche la serenità e la gioia e quelle risate genuine spensierate e lucenti che vedi sul suo volto, ogni volta sempre più adulto e ogni volta sempre più lontano, che mi sfugge via come il tempo che tutte le estati cerco e cercherò di trattenere, quei momenti che vorrei congelare per vivere ogni giorno come avrei voluto fare giorni mesi e anni prima con il volto di lei, quando sapevo, sentivo, che io ero e c’ero e ci sarei sempre stato, e non un nemico o un intralcio o un intruso, ma come ora un amico, un compagno di giochi, quasi un eroe che ogni giorno che passa inesorabile si allontana sempre di più perché è così che deve essere e così sarà sempre ma ogni giorno è sempre più doloroso e lontano e buio, anche in questo sole forte e caldo e fastidioso per gli occhi, che si velano ogni anno di più e sentono il dolore e la mancanza e la voglia di un abbraccio, di un gioco, di uno scherzo e uno schizzo e un amore impossibile e infinito che non finisce e non finirà mai ma soffre per una lontananza che ogni maledetto giorno cresce e aumenta sempre di più, e ti senti privato, rapinato, di quegli attimi che disperatamente cerchi di prendere e trattenere, raggirato da un bisogno indotto e maligno che ti porta lontano quando invece vorresti cercare di essere ancora più vicino e presente per prenderti cura e gonfiare di amore di quell’ amore che è impensabile da dire, da descrivere o da parlare.

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