
Episodi: 4
È indubbiamente la serie del momento, quella di cui tutti in questo momento stanno parlando. Prodotta, ideata e sceneggiata da Jack Thorne e Stephen Graham (che interpreta Eddie Miller, il padre di Jamie) è distribuita da Netflix, che quando vuole sa fare il colpo giusto nella scelta dei prodotti da spingere. La storia della miniserie gira intorno a Jamie (Owen Cooper), un tredicenne che risulta unico indiziato e incriminato dell’ omicidio di una sua coetanea, Katie. Da questo fatto di cronaca si dipanano 4 puntate ognuna con uno spazio e protagonista diverso, per cercare di toccare alcuni argomenti sensibili riguardo appunto, all’ adolescenza e i suoi lati oscuri. Dal punto di vista tecnico vince alla grande la sfida in quanto la messa in scena è completamente in piano sequenza, ogni puntata parte e termina senza nessun stacco di montaggio, ed è una pratica registica talmente folle, complessa e complicata che si merita il maggior plauso possibile, perché riuscire a chiudere un ciak mettendo insieme decine di attori e comparse è un impresa titanica (nella storia cinematografica solo 3 film finora erano stati girati totalmente in piano sequenza, Arca Russa, Fish&Cat e Victoria, mentre Nodo alla Gola, Birdman e 1917 hanno dei minimi e quasi invisibili tagli di montaggio). Grande merito quindi per il regista, gli operatori di macchina e gli attori, in cui il giovane Owen Cooper è bravo nell’ interpretazione del fragile e inquieto Jamie. Dal punto di vista dei contenuti toccati ci vado un po’ di più con i piedi di piombo. Provo a spiegarmi. Ogni puntata tocca un tasto diverso: nella prima puntata l’arresto e la prima reazione di Jamie e Eddie alle accuse, nella seconda i due detective che si occupano del caso vanno nella scuola frequentata da Jamie, nella terza è una seduta del ragazzino con una psicologa/assistente sociale ingaggiata dalla famiglia, infine nella quarta quello che resta, cioè i genitori e la sorella maggiore di Jamie nella loro vita quotidiana. Arriviamo così a ricostruire una situazione adolescenziale fatta di bullismo, dipendenza dai social e dalle reaction che riesci a ricevere, la fragilità di un ragazzino e le sue paure di essere brutto o restare solo, le amicizie fatte di comodo e senza basi, l’ incapacità della scuola di essere una zona franca e di formazione, ma al contrario diventa il luogo di soprusi e bullismo, con una classe insegnante inadatta e inadeguata, ci ritroviamo una difficoltà nel gestire le relazioni, le reazioni e le dinamiche, sopraffatte da rabbia, impulsività e incomunicabilità, oltre infine alla difficoltà di una famiglia di gestire e accettare la possibilità che i propri sforzi di educazione e affetto risultino vani nel costruire un identità sana, come nel caso di Eddie e Manda che hanno una figlia equilibrata e giudiziosa e un figlio potenziale assassino. Sono tutti concetti che sono profondi e da approfondire, reali e all’ ordine del giorno, purtroppo, ma in tutto questo ci ho trovato due ma. Innanzitutto sono tutti un po’ buttati lì senza andare tanto a fondo nell’ analizzarli, e ok dovrebbe essere di stimolo per lo spettatore per un approfondimento personale su siri e testi appositi. Il secondo ma è un po’ più ingombrante. Bullismo giovanile, difficoltà nell’ accettarsi, regola dell’ 80/20, difficoltà relazionali tra maschi e femmine dalla preadolescenza in poi e difficoltà dei genitori a cogliere i segnali inviati involontariamente dai propri figli è storia di sempre, non c è niente di nuovo e diverso da quello che ognuno di noi ha vissuto. Vero che non esistevano i social (intesi come Instagram e tiktok in quanto principali mezzi utilizzati dai giovani), verissimo che hanno sempre più valenza nelle relazioni e nella reputazione di un adolescente, ma il primo impulso risulta quello di colpevolizzarli e di utilizzarli come scaricabarile e dire che anche prima tutto era una merda ma non c erano i social a farlo sapere a tutti. Mi è sembrata troppo una serie creata da adulti e per adulti, che non aggiunge niente di nuovo a ciò già visto in precedenza sull’argomento, che da una parte tende a puntare il dito sul sistema tutto e sulla cecità dei genitori presi dalla vita di tutti i giorni, dall’ altro li deresponsabilizza arrivando alla conclusione che in fondo è solo una questione di culo, che basta un niente tra l avere un figlio/a inquieto e in tempesta ormonale come migliaia di altri o un potenziale psicotico assassino. La serie è bella e fatta bene e su questo non si discute, ma a mio avviso a livello di contenuti è un po’ ruffiana e cavalca l’onda.