Il Settimo Sigillo – 1957
Autentico caposaldo del cinema, ad opera di Ingmar Bergman, con attore protagonista un giovane ma non giovanile Max Von Sidow. Nonostante sia un film del 1957 non risente affatto dell’età, mantenendo quell’atmosfera e le basi di fondo assolutamente attuali. Ebbi già visione di questo film quasi 30 anni fa, ma senza apprezzarlo a pieno, rimanendo leggermente deluso dalla tematica poco horrorifica e dark rispetto a quello che mi aspettavo. Guardandolo in età adulta ti rendi conto che capolavoro sia. La poetica di Bergman traspare già dalle prime scene, venendo subito a conoscenza del patto tra il cavaliere templare Antonius Block, appena tornato in patria dalle crociate, con La Morte, che si risolverà in una partita a scacchi. Il film si snoda nel viaggio di Antonius e del suo scudiero Jobs, con i vari personaggi che incontrano e con cui interagiscono, e ha come predominante il rapporto del cavaliere con la fede, un rapporto ormai roso dal dubbio e dalla ricerca di un senso della vita e delle proprie azioni, alla continua ricerca di un segno da parte del Signore. A fare da contrappunto con i dolori dell’anima del buon cavaliere, è il suo scudiero, timorato della morte ma praticamente ateo, agnostico, completamente sfiduciato dalla religione, una ferma presa razionale e critica, che crea un ironico e grottesco alter ego di Antonius. Momenti memorabili e topici della pellicola sono molti, dai vari dialoghi di Block con La Morte, soprattutto quella nel convento, e il momento dei buffoni, in cui mentre due di loro (gli sposini Mia e Jof) mettono in scena una canzoncina sulla vita, si vede gli ammiccamenti e gli amoreggiamenti molto poco pudici tra il terzo attore e la moglie del fabbro, momento satirico interrotto bruscamente e in maniera forte dall’arrivo dei penitenti, scivolando improvvisamente dalla commedia alla tragedia, fino alla scena finale della danza macabra all’albeggio dopo la tempesta. Ma è difficile scegliere una scena o un altra, perché ogni momento è parte della storia, impossibile dimenticare la bolla di amore e pace in cui vivono Jof e Mia con il piccolo Mikael, che avrà un ruolo centrale, se non addirittura decisivo, nel film. A livello iconico, perfetta La Morte, così terribilmente paziente e calma quanto cinica, amara e crudelmente ironica. E, nella edizione italiana, si può godere delle voci di alcuni tra i più grandi doppiatori italiani, da Emilio Cigoli a Pino Locchi e Ferruccio Amendola. Assolutamente da guardare, più e più volte.
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