Il soggetto è, a posteriori, chiaramente riconoscibile nella parte dell’Antico Testamento riguardante la Genesi, l’arrivo di Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre e la loro cacciata, i veri e falsi profeti fino alla nascita e morte di Gesù, in un crescendo di brutalità sempre più pressante e implacabile. Ma d’altro canto la messa in scena è particolarmente folle e ben costruita che può essere aperta anche a interpretazioni più personali e variegate, compreso il senso di onnipotenza della celebrità e il rapporto tossico con il fandome malato, che per un piccolo cenno o un riconoscimento da parte del proprio idolo è capace di qualunque azione, e al tempo stesso, l’idolatrato è talmente preso dall’esaltazione da mettere anche a repentaglio la salute propria e della propria famiglia, completamente lasciata in balia dell’orda distruttrice.Qualunque sia però l’interpretazione data, è la potenza visiva che prende il sopravvento e lascia una sensazione di malessere che non va via neanche ore dopo, a dimostrazione della capacità di Aranofsky di poter stuprare la mente dello spettatore e lasciarlo inerte e atterrito.
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