La Casa Dalle Finestre Che Ridono – 1974

Siamo nella piana ferrarese. Stefano, un giovane restauratore, viene chiamato dal sindaco di un piccolo paese, su suggerimento del suo amico Antonio, per un intervento su un affresco ritrovato in una chiesa nella campagna, raffigurante il martirio di San Sebastiano, e realizzato dal misterioso Buono Legnani, un mistico pittore folle. La curiosità di Stefano, e una sempre più crescente consapevolezza di essere di fronte a qualcosa di più di una semplice operazione di restauro, lo coinvolgeranno in una spirale inarrestabile di nefandezze e omertà. Film di Pupi Avati diventato un cult del genere del thriller all’italiana, che ha due punti di forza importanti, una trama intrigante e con interessanti colpi di scena e l’ambientazione, ed entrambe vanno a braccetto, imprescindibili l’una dall’altra. Là dove l’intreccio narrativo scivola sempre più in un abisso di morbosità e depravazione, le atmosfere opprimenti create dalla fotografia e dalle riprese, in alcuni casi anche utilizzata come vero e proprio occhio dello spettatore con movimenti di macchina che si avvicinano e retrocedono dalla scena ripresa, quasi come se ti ponesse all’interno del film con una prospettiva in prima persona, anticipano la sensazione di pericolo e angoscia per quello che sta per accadere, sensazione rafforzata dai comportamentii guardinghi e reticenti della popolazione della cittadina, che trasmettono un atteggiamento ambiguo e falsamente collaborativo, salvo poi nascondersi come ratti nei momenti decisivi, o ostacolando direttamente le indagini di Stefano. La stessa location, con un cielo mai completamente assolato e azzurro, ma piuttosto tendente al grigio, o addirittura al nebbioso, e il grande numero di riprese dove è presente l’acqua, immobile, stagnante, anziché dare un classico senso di rilassatezza aiutano a creare un climax di oppressione all’anima.Assolutamente da guardare.
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