Black Phone – 2021

1979, in una cittadina della provincia americana dei ragazzini stanno scomparendo improvvisamente, probabilmente rapiti da uno sconosciuto. Finney vive con il padre (Jeremy Davies) alcolizzato e depresso per il suicidio della moglie, da lui ritenuta pazza, e con la sorella Gwen quasi coetanea, che ha gli stessi poteri psichici della madre, potendo vedere cose in sogno. Quando Finney viene rapito dal sadico assassino mascherato, si ritrova in uno scantinato completamente spoglio, a parte un materasso di fortuna e un vecchio telefono nero attaccato al muro, ma completamente scollegato da qualunque presa. Durante la terribile prigionia, il telefono comincerà a squillare, con delle voci che parlano attraverso la cornetta. Nel frattempo Gwen cerca in ogni maniera di scoprire dove è stato portato il fratello. Ispirato da un racconto di John Hill (nome d’arte di uno dei figli di Stephen King) nteressante e ben confezionato, non scade mai nel pecoreccio e mantiene sempre una discreta tensione. Il protagonista in negativo, un crudele Ethan Hawke, non si vede mai in faccia (scelta registica e di sceneggiatura grandiosa, per le varie implicazioni che ci possono essere dietro, dalla totale banalità del male che si nasconde dietro un viso qualsiasi, ad una ancora più profonda della maschera demoniaca utilizzata per esprimere la propria cattiveria) e regala una bella interpretazione fisica dell’ assassino. Non è un film perfetto, ad un certo punto si capisce la strada che intraprende e alcune cose sono troppo semplici, ma sono peccati veniali in una pellicola piacevole, ambientata bene e realizzata bene.

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