IT – Capitolo 1 – 2017

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Ecco, questa è una di quelle recensioni non facili da fare, perché è una situazione talmente ambigua da risultare complicato stabilire il confine labile tra bel film e brutto film.
Il tutto sta con che occhi viene visto, se quelli di cinefilo o quelli di fan della prima ora. Su alcune cose, la valutazione può convergere, su altre no.
Un altro motivo di difficoltà sta nel fatto che è necessariamente un film mozzo, essendo la prima parte di un opera più grande e quindi il giudizio potrebbe essere sospeso per una valutazione più complessiva.
Ma ci sono delle indicazioni che non si possono sottovalutare, anche alla luce della precedente trasposizione nella produzione per il piccolo schermo del ’90.
Allora, partiamo dalle cose positive, innanzitutto.
Il film non è affatto male. La scenografia e la fotografia sono funzionali, abbastanza semplici, senza esagerare in virtuosismi non richiesti dalla storia e che potrebbero prevalere sulla tensione della pellicola. Gli attori,in genere, hanno una buona tenuta e riescono ad essere abbastanza convincenti, per quanto riguarda i sette perdenti, i piccoli protagonisti della storia. Nonostante non ci siano per forza di cose degli attori famosi, vista la giovane età, a parte Finn Wolfhard già visto in Stranger Things (a cui, nell’ambientazione, il film deve molto), tutti e sette risultano credibili come intensità e recitazione individuale. Molto curato il personaggio del padre di Bev (una bellissima Sophia Lillis ), sempre sul filo di lana tra violenza psicologica e fisica, tra eccessiva gelosia e morbosità inquietante, esattamente come nel libro.
E nonostante la grandiosa precedente interpretazione di Tim Curry come Pennywise, vera e propria impersonificazione del male, il nuovo clown, Bill Skarsgard, si comporta veramente bene, riuscendo a essere molto pauroso e convincente. Il ghigno è terribilmente malefico e inquietante, e forse se un appunto gli può essere fatto è quello di essere troppo inquietante anche nei momenti in cui “aggancia” le sue vittime, ma essendo di solito bambini le prede di It, la loro ingenuità e la curiosità dettata dalle offerte di pop corn, palloncini e zucchero filato può essere abbastanza convincente da trarli in inganno.
Quindi, ricapitolando, dal punto di vista d’intrattenimento funziona bene e fila come un treno.
Ora parliamo delle note dolenti, che non sono poche.
NON E’ It, di Stephen King.
Intanto, si svolge nel 1989 anziché 1957 come in origine, e quindi anche il resto della storia sarà traslato di 30 anni. E questo comporta un abisso tra i due mondi, come linguaggio, come modo di vivere della città, come riferimenti culturali. Già il fatto che Ben, il cicciottello del gruppo, sia ora un fan dei New Kids On The Block mi fa accapponare la pelle. Può essere un dettaglio, ma questo cambia anche il livello umoristico della storia, scendendo spesso in forma di macchietta per alleggerire la tensione. Inoltre cambia totalmente il suo incontro con It, spostato di luogo e modo. Primo mmmmmmm, ma sopportabile.
Secondo mmmmmm, è su Stan, il fragile, eccessivamente razionale, aspirante boy scout e ornitologo del gruppo. Tutti elementi eliminati dalla sceneggiatura, lasciandolo un po’ scarno a livello di caratterizzazione, cosa che sinceramente mi sembrava necessaria per poi motivare il suo suicidio quando ricomparirà It. Anche in questo caso, l incontro con It non sarà più con i fantasmi dei bambini morti nella cisterna ma con una donna deformata di un quadro. Ok, questo ci può stare, ma il personaggio era ben più psicologico rispetto a questo presentato qui.
Terzo mmmmmm, Mike, diventato ora improvvisamente orfano per una disgrazia, la morte nell’incendio della sua cass dei genitori. Roba da poco, intendiamoci, ma il suo attaccamento alla famiglia sarà uno dei motivi della sua rimanenza a Derry. In realtà l’incendio al Black Point era tutta un’altra storia,importante però per capire la connessione maligna nella città.
Ecco, ora arrivano le delusioni grosse, anche queste in ordine di importanza.
Cazzo, i Barren. I Barren sono il succo della storia, sono il campo principale dello svolgimento del racconto. È dove i sette perdenti si conoscono, è dove perlopiù passano l’estate, è dove studiano i piani per combattere Pennywise, dove fanno il rito del fumo, è dove c’è il punto d’ingresso delle fogne, dove trovano la tana di It. Va benissimo aver sviluppato bene la storia nella casa di Neilbot Street, ma magari anziché condensare i due scontri in uno, causando l’assenza della fionda e i proiettili d’argento, poteva essere sviluppata meglio.
Anche perche, ancora una volta, viene completamente ignorato il Rito di Chud, con cui Bill sconfigge in una strenua lotta mentale It, dove ne percepisce la vera essenza e dove “conosce” la Tartaruga.
E la royal rumble finale…Qui non si tratta di attualizzazione, qui si tratta di snaturare la storia. È come ambientare il Gladiatore a Londra sotto il Big Ben, facendolo combattere contro Godzilla, non c’incastra una sega. Questa cosa, caro Muschietti non te la perdono.
Se siete arrivati a leggere fino a qui, potrebbe sembrare chiaro che il film non mi sia piaciuto, nonostante l’incipit iniziale. Invece no, il film è da vedere, e mi è piaciuto, e anche qui sta un problema. Ma io dico, se sei stato capace di fare un bel film d’intrattenimento, con un leggero sforzo in più potevi fare un grandioso film. E il budget limitato non è una scusante, non era necessario chissà che cosa, solo un po più di fedeltà al testo. E ne parlo da lettore ferito, per vedere mancata una bella occasione di trasportare sullo schermo una meravigliosa storia sull’adolescenza, sull’amicizia e sulla formazione. Perche in fondo It, al di là degli aspetti crudi e sanguinolenti oltre che orrorifici, è proprio quello. La nascita di un legame ancora più forte dell’amicizia, tra persone fino ad allora sconosciute o quasi, è la nascita di un Ka-Tet, per svolgere una missione superiore, adempiere ad un dovere mistico, compiere il proprio destino. È questo uno dei punti principali della mia delusione, è l’assenza di un anima nella storia che viene raccontata, è l’assenza della magia che può nascere dall’incontro di persone predestinate ad un compito loro assegnato dal destino, da un entità superiore. Perché It questa cosa la percepisce, è per questo che li odia, li teme, li vuole distruggere a tutti i costi, mentalmente e fisicamente, perche si rende conto che non sono bambini qualunque, ma sono un pericolo che in migliaia di anni non aveva mai incontrato. E l’assenza di quest’anima di fondo coinvolge anche il rapporto tra il mostro e i Perdenti nella pellicola, è un continuo di attacchi e apparizioni mordi e fuggi, e se non hai una retrospettiva della storia scritta non lo percepisci, non lo interpreti.
Peccato, perché ad essere sinceri le potenzialità c’erano, per la buona regia, per i buoni attori, per le possibilità di oggi in effetti speciali e quanto altro.
Ora non resta che aspettare il prossimo, conclusivo capitolo, sperando che sia un gradino superiore, almeno a livello di pregnanza della storia.
Nel frattempo ricordate..
qui galleggiano, galleggiano tutti..

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